Mom’s Cancer – Recensione

Credo chiunque preferirebbe una seduta dal dentista piuttosto che dover leggere un fumetto che parla di cancro… e di mamma… e come se non bastasse dover pure scrivere due parole che abbiano uno straccio di senso – e di decenza-.
Ovviamente solo il Candido poteva rimanere con il cerino in mano ed avventurarsi nell’impresa.

Purtroppo nessuno può dirsi vergine dal sapere cosa si prova a dover gestire – in prima persona o di rimbalzo – la vita in presenza di una sfida così probante quindi non è difficile capire quel fottuto brivido allo stomaco che nulla proprio ha a che vedere con le farfalle e che ti assale già alle prime vignette di “Mom’s cancer”, grafic novel di Brian Fies inizialmente presentato sul web, vincitore di un Eisner award nel 2005 e successivamente pubblicato in Italia da Double Shot.

Con un tratto che sconfina nel banale ma che in realtà non fa altro che ricordarci l’ordinarietà degli avvenimenti, Fies ci porta – o riporta – nella vita di una famiglia che si trova all’improvviso e senza essere assolutamente preparata – ma quando mai si può essere preparati all’apocalisse – a dover lottare quotidianamente per la sopravvivenza di un proprio membro e forse del concetto stesso di famiglia.
Alcune scene hanno la dolorosa capacità di un coltello di arrivare fino in fondo all’anima – od ai ricordi – e mi sono fermato davanti ad una tavola che tanto crudamente e crudelmente rappresenta l’incapacità di accettare i nuovi limiti di una persona amata, pensando a quanto davvero per chi sta male la sensazione sia di annegare in un mare di parole vuote ma che ti allontanano da tutti e da tutto.

La lettura scorre monotona, volutamente, descrivendo giornate buone e meno buone, parole che abbattono come uragani o che diventano scialuppe cui aggrapparsi con tutte le – poche – forze rimaste…
Si percepisce quasi un ristagno nel fluire delle tavole, effetto sicuramente voluto per richiamare quelle attese eterne che accompagnano ogni minimo cambiamento, sia esso positivo che negativo, nell’evoluzione della malattia e della sua cura.
Ogni personaggio diventa protagonista della vicenda, e specchio in cui il lettore può rivedersi, perché in realtà ogni persona attraversa gli stessi stati d’animo rappresentati dai tre figli ed anche dall’ex marito della mamma malata.

Con una scelta intelligente l’autore introduce in alcune tavole il colore, incaricato di risultare indice di un’evoluzione felice della vicenda e faro di quello che è il momentaneo protagonista dalla vicenda: prima il cancro “inoperabile” poi i figli “supereroi” poi ancora la mamma “festeggiata” al compleanno ed infine la nuova vita di una famiglia a colori…

Chi si avvicina a questa lettura con un trascorso ad essa comune troverà davvero tante scene note, che potranno costringerlo a scacciare le lacrime oppure ad accettare che scorrano, catartiche, senza imbarazzo oppure ancora ritrovare quelle risate che mai si sarebbe pensato di poter fare in momenti così complicati.
Sono convinto che queste strisce parlino più al cuore che alla testa dei lettori e credo che in questo modo vadano lette, come un diario che ci dice che quello che proviamo è più importante di ciò che razionalmente dovremmo pensare per affrontare un viaggio così burrascoso nel modo più giusto non solo per chi lo vive in prima persona ma anche per chi con esso si rapporta.
Non posso che chiudere queste poche righe ripetendo un pensiero che mi è sembrato essenziale:


“All’inizio credevo che questa sarebbe stata una storia di morte. Invece si è trasformata in una
storia di speranza. Ma questa storia va altrettanto bene. Va persino meglio”

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