Diavolo d’un Edgar

La fortuna di essere un malato di fumetti è che ogni tanto scopri qualche piccolo gioiello che ti rimette in pace con il mare infinito di mediocrità in cui spesso capita di dover navigare.

Una nuova e giovane realtà editoriale, la Weird Book, offre un graphic novel scritto e disegnato da Ernesto Carbonetti che davvero mi ha restituito il piacere di leggere e guardare fumetti in un momento di non particolare sovrabbondanza di prodotti di qualità.

A proposito del decesso del grande scrittore statunitense si conoscono con esattezza solo la data ed il luogo; il 7/10/1849 a Baltimora un uomo in evidente stato di confusione mentale e declino fisico veniva trovato nei sobborghi malfamati e moriva dopo un inutile ricovero presso l’ospedale cittadino. Quell’uomo era appunto Edgard Allan Poe e le cause della sua morte non furono mai accertate con certezza.

Partendo da questi presupposti Carbonetti tratteggia le ultime ore della vita dello scrittore rendendole un preciso e profondo riassunto di quella che è stata tutta la sua vita descrivendola in un racconto a cavallo tra l’onirico, il delirante ed il reale.

La narrazione del graphic novel si sviluppa da subito in modo molto cinematografico con il racconto che ci porta nel mondo complesso e, sotto alcuni punti di vista, avvelenato di Poe. Con pochi ma efficaci accenni l’autore ci rende partecipi delle ultime ore della vita del protagonista ma allo stesso tempo descrive quello che è stata la sua esistenza passata e soprattutto quella che è l’importanza dell’uomo per la cultura della nostra specie. In una cinquantina di tavole Carbonetti riesce a sintetizzare l’intera storia dell’artista Poe ma soprattutto dell’uomo, dando un valore importante a quello che ha rappresentato proprio per noi posteri; la decisione di descrivere le varie ipotesi di morte del personaggio sono un espediente efficacissimo per evidenziare quelli che furono in vita i suoi peggiori difetti e le sue più grandi colpe ed al tempo stesso servono a fornire una sinossi, se non completamente esaustiva almeno molto dettagliata, sulla persona che tali azioni ha compiute. Non meno interessante è il fatto che le parole con cui il Diavolo tenta e tortura il poeta finiscano per rilevarne ed esaltarne il valore, confermando la sua eternità nel nostro ricordo.

Molto mi pare debba al mondo cinematografico anche il modo di saltare da un piano più reale e concreto, dato dai dialoghi tra l’editore di Poe che lo trova incosciente nei vicoli dei bassifondi di Baltimora ed il medico dell’ospedale dove lo porta per avere un soccorso, a quello più immaginario ed oniricamente delirante, dove lo scrittore si trova a lottare per la propria salvezza con il Diavolo o forse con sé stesso; più semplicemente – in realtà – con i propri demoni.

E, nonostante si racconti una storia di trapasso, non riesco a non vedere comunque un messaggio di speranza che Carbonetti lascia al lettore, nel mettere in bocca al Diavolo la descrizione dello scrittore come colui che “non seppe trovar pace sulla terra ma che ne diede a molti”. Questo, unito alla piccola macchia di bianco in cima all’ultima vignetta, mi autorizza a vedere in questo racconto, per quanto sofferto e travagliato, un barlume di luce per tutte le anime tormentate che facilmente si possono immedesimare nello scrittore americano e di conseguenza mi rende ancor più gradito questo volume bello da vedere e stimolante da leggere (dai, in fondo lo sapete che sono un inguaribile – e candido – ottimista).

Come al solito sono partito in quarta parlando di quanto mi sia piaciuta la sceneggiatura del volume ma in effetti questa volta l’aspetto grafico mi ha colpito altrettanto se non addirittura di più.

Già dalla copertina appaiono evidenti le caratteristiche di questa opera ovvero un tratto “inciso nella pietra” – quasi scultoreo mi verrebbe da dire – ed un uso dei colori, pochi ma efficacissimi, pittorico che più che alle tavole di un fumetto fanno pensare alle tele di un museo.

Il richiamo ai quadri viene anche accentuato dalle numerosissime pagine doppie che compongono l’albo e che si offrono perfettamente ad una descrizione degli avvenimenti attraverso la sinossi globale dell’immagine completa delle due tavole in sequenza. E’, questo, un tipo di rappresentazione cui Carbonetti ricorre spesso nel volume ma che mai stona od appare inadeguato ma anzi appare come espediente perfetto per rendere completamente avvolgente attorno allo spettatore lo svilupparsi della storia.

Ed al mondo della pittura tanto sembra trarre ispirazione il bravissimo disegnatore che in molte tavole mi ha ricordato il lavoro di due giganti del primo novecento come Gustav Klimt ed Egon Schiele sia nel modo di disegnare che in quello di usare il colore.

Sembra addirittura quasi che siano i colori stessi a definire i tratti e le forme dei disegni anche se poi, andando a guardare a fondo, nette appaiono le linee che danno senso e sostanza ai personaggi e che come accennavo prima sembrano avere la forza di colpi di scalpello, all’apparenza imprecisi e casuali ma in realtà puntuali e definitivi nel creare le figure del racconto.

Nei disegni dei due protagonisti – Poe da una parte ed il Diavolo dall’altra – ho visto un modo particolare di raccontare la “forza”. Da un lato abbiamo un tratto deciso, definito, quasi violento, volto ad indicare la grande potenza fisica del Re degli Inferi, orgoglioso del suo rosso potere, dall’altro però c’è la figura del poeta, spesso quasi abbozzata ed indefinita ma che al tempo stesso si guadagna i suoi spazi e la sua concretezza con la forza spirituale del messaggio aureo che a molti suoi lettori fu di conforto.

Appunto proprio al Secessionismo viennese di Klimt e Schiele sembrano ispirarsi le tonalità scelte da Carbonetti per la sua tavolozza ovvero un profondo ed esteso nero che è sfondo e scheletro di ogni singola pagina del volume, un acceso e sanguigno rosso che colpisce all’improvviso evidenziando passioni e pericoli, un lucente bianco che risulta quasi più essere un’assenza di colori piuttosto che un momento di riposo per gli occhi ed infine un dominante giallo dorato che tutto avvolge e ricopre come una colata di miele, capace di addolcire anche le cose peggiori ma al tempo stesso che come una colla le rende viscose ed impossibili da abbandonare.

L’emergere con forza delle figure da questa coltre fitta di nero diffuso ed avvolgente o di oro accecante mi ha fatto venire in mente non poche volte anche un’altra eccellenza della pittura: non è sbagliato accostare alcune tavole ai dipinti del Caravaggio, con i personaggi che sembrano uscire dalle tenebre più profonde e con gli stessi colori dominanti che si trovano nelle pagine del graphic novel.

Sempre restando nel campo delle ispirazioni non è difficile ritrovare nelle rappresentazioni della Baltimora di fine secolo la stessa aria che si respira nelle pagine dedicate da H. P. Lovecraft alle cittadine dei suoi peggiori incubi (e migliori racconti) come Dunwich ed Innsmouth oppure, in alcune vignette delle torture cui il Diavolo sottopone la mente di Poe, rimandi alla tradizione visuale dei mondi di Alien e di Terminator o dei Borg di Star Trek. Anche in questo Carbonetti si dimostra dunque molto aperto ad una contaminazione da parte di qualsiasi forma d’arte, a partire da quella più colta del mondo pittorico classico per arrivare a quella più moderna ed attuale degli artisti della celluloide.

Infine a proposito della parte grafica volevo sottolineare che ho trovato estremamente intense ed evocative le vignette caratterizzate dagli sguardi dei protagonisti; immagini che rimangono bene impresse nella memoria e che sembrano concentrare in una sola inquadratura – quella degli occhi appunto – tutta la carica fisica e morale degli eventi lasciando che quelle occhiate raccontino ben di più di quello che il lettore può cogliere con l’uso del solo senso della vista…

Da sempre sostengo di non essere un conoscitore del mondo del fumetto ma semplicemente un candido appassionato, ed infatti immagino che “chi ne sa” ben conoscesse la qualità di Ernesto Carbonetti… per me è stata invece una scoperta meravigliosa che invito davvero tutti a fare, concedendosi qualche momento in compagnia di un grande artista (anzi, due grandi artisti) e del suo (e nostro) più grande avversario, quel Diavolo che, pur facendo la voce grossa per spaventarci, finisce ogni volta con l’essere lasciato solo a governare sul suo triste regno senza speranza.

E comunque… si è capito che è disegnato davvero bene?…

Lo spero, perché è proprio così.

Recensione de Il candido Umberto

Poe and the Devil di Ernesto Carbonetti

Weird Book – Euro 17,90

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