An Invitation from a Crab – Panpanya

Spesso ci lamentiamo che un certo tipo di scuola si perda nel frangente di stilemi ben consolidati senza riuscire più a mettere la testa fuori dalla sintomatica comfort zone. È una questione che è difficile dipanare ma che, a guardare bene, porta alla ripetitività di certi topoi che attecchiscono sulle nuove generazioni ma che lasciano più indifferenti le altre.  Un po’ come a dire, ‘è arrivato il nostro turno, forza, fate largo’. 

Fa parte delle regole del gioco, le accettiamo. Ma poi arrivano piccole sorprese a deliziarci e tutto assume una luce differente. Non so a voi, ma a volte mi capita di leggere una nota su una anticipazione, magari fissarmi su un dettaglio di una copertina e da quel punto in avanti rendermi conto di stare per incontrare qualcosa che con piccolo sforzo modificherà le mie percezioni. È successo pressappoco così con An Invitation From a Crab, volume unico edito da Star Comics in una collana volta a pubblicare tutta l’opera di Panpanya.   

Ci è dato di conoscere poco sulle origini di questo mangaka e, a parte che pubblica dal finire degli anni 2000 partendo dal web esattamente come molti, di certo non rimane altro. 

Eppure il velo di mistero in parte contribuisce a generare pathos su queste deliziosissime storie. Lo stile di Pampanya è ultra dettagliato per quello che riguarda gli sfondi, le stradine delle città, i piccoli scorci di un Giappone tradizionale eppure legato alla modernità. In primo piano vengono invece inquadrati personaggi onirici con fattezze eteree, quasi come fossero abitanti di una visione. La protagonista è questa bimba, sorridente e sorpresa, raccontata come se brillasse di luce propria. 

Chi dovesse imbattersi nelle sue storie, le troverà minimali, sorrette da impercettibili cambi emozionali dove la nostalgia aleggia dietro ogni angolo. Spesso se ne fatica a trovare il senso e, cosa che reputo estremamente legata ad una mediazione zen, l’intreccio narrativo è rarefatto, privo di una caratterizzazione squisitamente occidentale. Un po’ come nei più intensi anime dello Studio Ghibli, il senso della storia resta nei dettagli mentre la poesia e l’armonia sorreggono il peso della struttura narrativa. 

I riferimenti alla tradizione giapponese non sono pochi eppure il manga, un volume unico, risulta piacevolmente godibile anche a chi ignora totalmente i rigori del Sol Levante. 

Di tutti i fumetti letti con attenzione in questo bislacco anno, an invitation from a Crab è quello che più ha avuto la capacità di rilassarmi e portarmi alla meditazione. Sognare ad occhi aperti è un lusso troppo prezioso cui noi che soffriamo la caducità del tempo che passa spesso tendiamo ad attribuire un valore mellifluo. Al contrario qui, la piacevolezza ritmata del vento che spazza le nuvole stupisce senza sembrare gratuita.  

C’è dietro ogni tavola un grandissimo sforzo per raggiungere la semplicità delle piccole cose. E questo piccolo tankobon grigio è senz’altro una di quelle.  

Una volpe.  

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