Street Off – Blues saves the world
Oggi parliamo di confini. Di quelli immaginari, di quelli reali e fortificati, di quelli disegnati col gessetto per terra, di quelli fra me che scrivo e te che leggi. Già nell’ultima frase ne ho abbattuti un paio. Quello della formalità, ad esempio, il quale mi sconsiglierebbe di darti del tu. Quello della quarta parete, visto che non sto più raccontando, ma ti sto parlando direttamente.
Ed il tema mi sta a cuore in maniera particolare, artisticamente intendendo. Più volte nelle nostre riunioni redazionali – a cui non eri presente, ma partecipandovi sono sicuro ti saresti divertito – abbiamo affrontato la questione della contaminazione, sia fra generi diversi che, addirittura, fra arti diverse. Riuscire a stare in equilibrio fra due mondi, è un lavoro d’eccezione che di rado serve a prendere gli applausi di due platee, più spesso invece a raccogliere sguardi storti da entrambe. Perché siamo uomini e donne fatti di ancore e paletti e filo spinato. Abbiamo una bussola da qualche parte, incastrata nella materia grigia, che ci riporta sulle strade già battute, che ci facciano sentire al sicuro, che non sconvolgano eccessivamente le nostre prospettive.
Questo è un algoritmo che ogniqualvolta si presenta, mi rende davvero irritabile e, sospetto, anche irritante. Se ti è mai capitato di leggere qualche altro mio articolo, potrebbe esserti saltato all’occhio che parlo sempre “d’altro” rispetto all’argomento in questione divagando lungamente. Il mio personale bagaglio di esperienze è un tutt’uno, faccio fatica a mettere ordine negli scatoloni della mia memoria separando il cinema dalla letteratura, la letteratura dallo sport, lo sport da quello che mi è capitato nella giornata. È da quella miscela che nasce il mio spirito critico e, pur riconoscendo e dando molto peso alla padronanza necessaria per l’utilizzo di uno specifico mezzo, non potrei mai dire che non sia tutto parte del medesimo puzzle.
E Street Off, pare voler cogliere lo stesso concetto. Un progetto ambizioso che nasce sulle note suonate dalla Open Mouth Blues Orchestra, ma poi si srotola lungo un fumetto in senso sia artistico che materiale (c’è fisicamente il CD all’interno del volume e trovo la cosa FAN-TAS-MA-GO-RI-CA), non trascurando di includere la poesia e soprattutto, andandosi ad inserire in un’azione di gruppo per riprendersi le piazze, intese come luogo dove crescere, imparare, stare faccia a faccia con i propri simili (e diversi).
Di riprenderci quello che è già nostro, se non sono stato abbastanza chiaro.
Perché cercare di andare a far convergere tutto quanto? Forse per lo stesso motivo per cui il diavolo lo puoi trovare ai crocicchi – e pure se dicono che non sia una buona compagnia, di musica pare ne capisca – o forse perché, come ho già detto, si perde troppo tempo a compartimentare ciò che andrebbe considerato invece assieme al resto, o forse perché è divertente farsi dare del matto affrontando un’impresa che sembra difficile od impossibile e portarla a termine.
Fatto è che il progetto esiste, è concretamente nelle mie mani ed io ho l’onore di poter sfogliare il risultato ed entrare in quel mondo narrativo.
Non voglio essere celebrativo, per quanto sia esaltato dalla visione d’insieme e da questo modo di intendere l’arte, quindi passiamo ad una breve analisi che entri nello specifico del volume.
In brevissimo, la storia parla di un rapimento che è fulcro del movimento dei protagonisti, ma in realtà è un pretesto per veicolare il messaggio legato alla musica e, ancor di più, della vita legata alla musica. Gli accadimenti si susseguono velocemente, forse troppo, scanditi dall’orologio, sempre presente. Dichiaratamente è un omaggio al cinema blaxploitation, ma personalmente ci ho trovato un’allegra spolverata del cielo uggioso di Dublino di The Commitments.
I capitoli sono intervallati da poesie che, oltre a racchiudere in singole pagine il senso profondo del progetto, non si fermano allo scopo didascalico, ma sono vere e proprie perle di narrato sporco e fumoso, che ottengono, per contrasto, un risultato limpido e tagliente, arrivando a vibrare sulle corde in maniera decisa e ferma, dimostrando una sensibilità nella scrittura invidiabile.
Per quanto riguarda la parte grafica, come per lo svolgersi della trama, avrebbe meritato forse una maggiore pulizia negli elementi, per arrivare ad una gestione più chiara e meno confusionaria. La quasi assenza di gabbie della tavola in alcuni punti permette di sbizzarrirsi in composizioni di impatto e ben costruite, ma che tendono a perdersi sul colore-texture scelto al posto del bianco. In un piccolo accenno – visivamente molto valido – di colore presente, si dimostra come uno schema piatto avrebbe giovato alla comprensibilità. Anche perché vengono fuori (cosa che mi capita di vedere sempre più spesso nei fumetti e che continuo a non gradire particolarmente) le foto di riferimento usate, che accentuano dettagli superflui e sporcano troppo le linee, a mio gusto, soprattutto se consideriamo che la dimensione delle singole vignette è molto grande, rendendo poco fluido lo scorrere dello sguardo sulla tavola. Nei momenti graficamente più “pacati”, come ad esempio la copertina che ci mostra un uomo incredibilmente simile al Sorridente, le ombre sono decise e comunicative.
Per ultima, lascio la colonna sonora, che è una bombazza. Attimi di potenza graffiante come What is Hip, alternati a ritmi di fatti di percussioni e chitarre alla Santana, in un vero e proprio viaggio nella storia della musica, in particolar modo di un certo modo di intendere la musica.
In conclusione, posso dirti: questa è un’idea meravigliosa che ha trovato casa nella testa di un gruppo di persone, i quali l’hanno messa in pratica e può coinvolgerti sotto tanti di quei punti di vista, che vale la pena almeno provarla. Un modo nuovo ed interessante di intendere il fumetto e spero di poter vedere questo esperimento riproposto e piano piano registrato e limato.
Ma più di ogni altra cosa, vi invito a seguire la Open Mouth Blues Orchestra e le loro iniziative perché credo fortemente che tanto movimento, tanta vulcanicità, sia contagiosa.
Ci sentiamo alla prossima,
Buona notte e buone botte.
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