Dylan Dog 416 e 417: Dylan detenuto e sottoposto a giudizio

Uzzeo e Baraldi firmano una storia su due albi che ha le forme di un incubo kafkiano.

Nell’estate del 1991 arrivò in edicola la celebratissima “Trilogia del Tempo” dylaniata. Furono tre albi di fila che trattarono una tematica comune: i paradossi spazio temporali calati nel contesto horror dell’Indagatore dell’incubo. Quasi trent’anni dopo abbiamo due albi che avrebbero potuto definire un mini ciclo del “giudizio”, ma che sono stati inquadrati in un’unica storia. In origine il primo e secondo tempo di quest’ultimo incubo erano stati creati in maniera indipendente, ma la vicinanza di tematiche ha spinto a fonderli con uno sforzo creativo aggiuntivo che non deve essere stato banale per gli autori che, caso finora unico, erano distinti per i due episodi.

Nel 416, sceneggiato da Uzzeo, Dylan si ritrova in un carcere ai confini della realtà a causa di un banale smarrimento di documenti, dopo una cena consumata con la sua nuova ragazza (Ilary). La detenzione si trasforma in un incubo popolato da visioni drammatiche e al culmine della disperazione Dylan è accusato della morte di Ilary.

A ispirare una narrazione così intensa, che in poche tavole porta l’Indagatore dell’Incubo da una piacevole serata in dolce compagnia al dramma di una microscopica cella di un carcere perso nel nulla, ci sono il capolavoro di Nanni Loy con Alberto Sordi “Detenuto in attesa di giudizio” e il dramma reale della pena di morte. Vengono infatti citati dei casi estremi di applicazione della pena capitale; per quanto poi si possa definire estremo qualcosa che è in sé e per sé un’aberrazione. E’ importante specificare che Dylan nel vortice non si lascia trascinare da poliziotti violenti e nemmeno troppo zelanti, ma è’ egli stesso che per nervosismo reagisce male a un controllo e dà via all’incubo.

Nel 417, sceneggiato dalla Baraldi, Dylan si deve difendere in tribunale dall’accusa di omicidio. L’ora del giudizio non è però solamente quella che scocca quando un tribunale di nostri pari è chiamato ad emettere una sentenza, ma anche quella ancora più implacabile del nostro senso di colpa. Ilary vive con un terribile demone interiore: da bambina fu involontaria artefice della morte del fratellino. Purtroppo non sempre è possibile metabolizzare certi drammi e quindi la soluzione immaginata dalla Baraldi è quella di far scaricare ad Ilary i pensieri negativi che la tormentano in una bambola. L’autrice, da sempre molto brava a raccontarci il tormento interiore dei suoi personaggi femminili, ci fa entrare nella mente della ragazza, quasi affiancandoci a Dylan nel tentativo di salvarla.

La forza della storia è più nei singoli episodi che nella loro somma. Uzzeo e Baraldi sono bravissimi nel far trovare Dylan al centro di vicende da incubo kafkiano, intrecciando realtà e visione onirica, tuttavia l’incastro non è preciso. Ad esempio la tematica della pena di morte presente nel 416 si perde nel 417, dove invece è forte quella della disperazione dovuta al senso di colpa. Grandissima l’opera di Lauria nel 416, che regala alla testata nuovi spunti e si candida a essere un disegnatore top. I suoi chiaroscuri hanno un forte impatto emotivo e richiamano addirittura le più cupe xilografie.

Stano nel 417 asseconda con esperienza gli incubi baraldiani, con uno stile nel ritrarre i volti e le espressioni più grottesche che ricorda questa volta quello di Montanari e Grassani. Il disegnatore e la sceneggiatrice riescono a procedere in grande sintonia portando su carta la confusione che regna nel cervello della povera Ilary e l’incubo che vive Dylan. In particolare vi consiglio le quattro tavole che vanno da pagina 46 a 49. Nelle prime due delle guardie che si trasformano in mostri divorano una testimone scomoda. Nella terza e nella quarta osserviamo lo psichiatra che ha in cura Ilary dalla prospettiva della ragazza, che in quel momento è sotto l’effetto di sostanze psicotrope.

In conclusione si può affermare che questo doppio albo ha centrato l’obiettivo di appassionare il lettore. Uzzeo e Baraldi si confermano due ottime risorse per la serie, con la seconda che ormai è un vero e proprio punto di riferimento. Lauria è una grande scoperta, mentre su Stano sono già state spese infinite lodi. Rimane solo il rammarico per la fusiona fredda tra prima e seconda parte, che non sembra del tutto riuscita. Insomma, due albi da acquistare e leggere avidamente, ma nel complesso un capolavoro mancato.

  • Albo: 416 (Il detenuto)
  • Data di uscita: Aprile 2021
  • Sceneggiatura: Mauro Uzzeo
  • Disegni: Arturo Lauria
  • Copertina: Gigi Cavenago
  • Albo: 417 (L’ora del giudizio)
  • Data di uscita: Maggio 2021
  • Sceneggiatura: Barbara Baraldi
  • Disegni: Angelo Stano
  • Copertina: Gigi Cavenago

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