Mr. Evidence

(ovvero dell’evidenza di un prodotto di qualità)

“Bella la linea Audace della Bonelli…” credo di aver sentito questa frase un’infinità di volte (ed ancora più spesso di averla pronunciata io stesso).

Cani sciolti, K-11, Attica… e poi Il Confine (che amo alla follia). Ed adesso Mr. Evidence che mi è letteralmente saltato in mano nel mio ultimo passaggio in fumetteria (anche se devo ammettere che avrei potuto svegliarmi già da tempo, visto che il primo degli otto volumi è uscito a novembre dello scorso anno).

Tanta roba.

In realtà già il nome di Guaglione alla sceneggiatura solleticava non poco le mie aspettative visto che le sue ultime produzioni mi avevano notevolmente impressionato.

“Mr. Evidence” si propone quindi come una nuova esperienza da gustare in ogni suo aspetto come una delle serie più interessanti dell’attuale panorama fumettistico. E quindi, sotto con la lettura.

Chi sono io?”: già dalla prima frase, proprio dalla prima vignetta, possiamo capire in cosa stiamo andando a cacciarci… alla fine arriveremo a guardare come in uno specchio ed a leggere tra le narrazioni di questi nuovi improbabili eroi nient’altro che una rappresentazione di quello che facciamo – e siamo – noi stessi. Ecco: “io” siamo noi lettori e “chi sono?” è la domanda che tutti dobbiamo (dovremmo?) farci.

Ed allora questa settantina di pagine cerca di darci qualche aiuto per inquadrare meglio il problema: siamo le nostre sofferenze, i dolori che ci accompagnano dal primo istante di vita e ci modellano in base alla capacità che abbiamo di affrontarlo e gestirlo. E siamo le nostre frequentazioni, l’insieme di tutte le persone cui ci adattiamo in diversa maniera per gestire in modo civile – e sopportabile – la nostra vita. E siamo anche i nostri sentimenti, la capacità di non farci sommergere e dominare dalle sensazioni che proviamo in ogni momento. Ed ancora siamo la nostra verità, ciò che crediamo giusto ed essenziale rispetto a noi stessi ed al mondo che ci circonda. Siamo Pain, siamo None, siamo Nerve, siamo Truth. Siamo noi che ci troviamo disegnati in questo strano – e forse proprio per questo inquietante – fumetto.

Ad un certo punto si fa strada un pensiero: l’universo creativo di Fabio Guaglione sembra aver voluto omaggiare il mio fumetto preferito, ovvero i meravigliosi Fantastici Quattro del sorridente Stan Lee e del King Jack Kirby proprio come la precisa analisi di Davide Scagni su Fumettologica (P.S.: quanto mi piacerebbe saper scrivere bene come questi ragazzi…) ha già messo abilmente in evidenza.

Effettivamente Mr. Truth si può facilmente accostare a Mr. Fantastic per l’acutezza di pensiero e per l’essere guida del gruppo (anche se mi è difficile non rivedere davanti agli occhi un altro personaggio, quello di Truth, in Enigma di Milligan) e l’insensibilità fisica di Miss Nerve richiama facilmente l’amabile Cosa dagli occhi blu; più sottili e meno evidenti ma decisamente profonde sono invece le similitudini tra Mr. Pain e la torcia (con le bende che ricoprono il personaggio bonelliano che richiamano quasi per contrappasso le cure prestate agli ustionati) e quelle tra Mr. None e la donna invisibile, dove il non avere una personalità propria e stabile rende anche il paziente del fumetto nostrano quasi un essere invisibile, incapace nella maggior parte del tempo di manifestare sé stesso.

Un lavoro tutt’altro che banale quello di Guaglione che con l’omonimo Resinaro ed Adriano Barone crea una storia intrigante ed avvincente già dal primo volume.

Ad affiancare gli sceneggiatori troviamo ai disegni un Fabrizio Des Dorides in eccellente forma che racconta visivamente un’avventura cruda, fisica e dolorosa senza lesinare immagini nude e concrete, reali e “vere” utilizzando spesso vignette che, a differenza del solito, non sono limitate dallo spazio bianco che le separa, ottenendo così un effetto che trovo assolutamente indovinato ed utile a rendere molto più immersiva la componente grafica del lavoro.

Ai colori, e sotto la supervisione di Emiliano Mammucari, troviamo un gruppo completamente femminile con Alessia Pastorello, Stefania Aquaro, Adele Matera e Beatrice Galli che dipingono tinte nette che spaziano da toni più algidi ad altri quasi bollenti a volte addirittura nella stessa vignetta. Sono colorazioni che quasi si possono sentire – tanto si parla di SINESTESIA, no? – con una freddezza che rispecchia le emozioni ed i sentimenti dei protagonisti apparentemente restii ad affrontare il mondo ma che si trasforma nel calore rosso dei ricordi forse troppo dolorosi per avere una diversa rappresentazione o forse di quel colore proprio perché legati alla vita vera.

Anche l’uso abbondante delle ombreggiature, a volte più precisamente di sapienti declinazioni di sfumature maggiormente intense di stesse tonalità di colore, contribuisce a dare volume e profondità ai disegni di Des Dorides conferendo loro un aspetto quasi onirico pur nella precisa definizione di ogni scena rappresentata.

Un sogno quindi molto lisergico eppure assolutamente reale e concreto, verrebbe quasi da dire un ottimo “bad trip”.

E poi ci sono gli occhi. Si dice che siano gli specchi dell’anima, finestre aperte sulla profondità dei personaggi. Nell’albo tante sono le vignette che vedono gli occhi in primo piano, quasi a renderli voci narranti della mente e delle azioni dei protagonisti cui appartengono: ci sono quelli spalancati, inquietanti e quasi folli nella loro intensità di Mr. Pain e quelli dolenti e disperati, alla ricerca di un qualsiasi appiglio cui aggrapparsi di Mr. None; ci sono quelli apparentemente duri e freddi di Miss Nerve e quelli acuti ed indagatori ma zuppi di tristezza di Mr. Truth che ricordano quelli della dottoressa Samsa nei quali però la mestizia è sostituita da una gelida supponenza. Ed infine ci sono quelli di Floyd, pieni tanto di stupore quanto di spavento per quello che gli sta succedendo e che tanto sembrano quelli di noi che stiamo leggendo la storia.

Des Dorides vola alto con una tavola che mi ha davvero colpito a livello subliminale, rimanendo a lungo impressa nella mia memoria: a pagina 19 un’immagine senza limite di bordi – e già ne ho accennato prima – con una declinazione di colori verdi racchiude quasi la descrizione degli esseri umani lungo la strada della vita. Viene quasi immediato pensare ai capolavori – strani, irreali eppure così veri ma soprattutto geniali – di Hieronymus Bosch, pittore capace di racchiudere nelle sue immagini metafore concrete del mondo che lo circondava; allo stesso modo i disegni di Fabrizio sembrano dire molto più di quello che mostrano.

A conclusione del volume molto interessanti e costruite con ironia ed intelligenza sono le schede dei personaggi e della genesi e sviluppo del progetto editoriale. Sono piccole chicche che arricchiscono il valore del fumetto permettendo di conoscere e capire meglio non solo i personaggi dell’opera ma anche i loro creatori in carne ed ossa.

Inizia così una corsa che ci vuole portare attraverso i territori del disturbo mentale (?) ad affrontare i luoghi comuni che tendono ad associare il male e la malvagità con la mancanza di sanità ed equilibrio della psiche. In questo Mulholland Institute che tanto ricorda, e non solo nel nome, David Lynch le cose non sembrano proprio essere come appaiono a prima vista e la verità “è qui” come dice la maglietta di Mr. Truth (e quindi come potremmo non credergli?) ma intendendo “qui dalla parte dei pazzi”.

Ok Mr. Guaglione, avevi già il mio interesse… ora hai anche la mia attenzione.

Vediamo dove mi porterai questa volta.

Recensione de Il candido Umberto

“Mr. Evidence: la prova della tua esistenza”

Fabio Guaglione, Adriano Barone, Fabrizio Des Dorides

Sergio Bonelli Editore 18,00 Euro

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