Il calore dei colori

Da buon “ormaiquasianziano” brontolone ho sempre nutrito una certa diffidenza nei confronti della gestione del fumetto da parte di un mondo, quello letterario, che sembra approcciarsi a questa forma di comunicazione con una certa aria di superiorità. Inevitabilmente quindi non avevo grandi aspettative sul progetto di Repubblica per la pubblicazione di “Mondo graphic novel” ossia un compendio dei volumi d’autore a fumetti più importanti degli ultimi anni… ed inevitabilmente, come al solito, mi sbagliavo…
Infatti proprio grazie a questa serie di uscite mi sono imbattuto in una vera perla che ha saputo emozionarmi: “Il blu è un colore caldo” di Jul Maroh, pubblicato nel 2010, è un volume che colpisce con delicatezza e rimane a lungo in testa ma soprattutto nel cuore.
Dopo tre anni a Cannes viene presentato “La vita di Adele”, film di Abdellatif Kechiche ispirato al graphic novel, che ribalta in parte il punto di vista del fumetto a mio parere arricchendolo anziché impoverirlo (anche se Maroh non condivide il mio giudizio); è ovvio che non ho potuto resistere ed ho guardato con rinnovato interesse la pellicola francese rimanendo molto colpito anche da questa opera.

La storia si sviluppa con una narrazione fatta di non detto, particolarità che si evidenzia in modo maggiore nel film rispetto al fumetto anche se per chi già ha letto il graphic novel lo svolgimento degli avvenimenti, a volte troppo erratico, risulta più chiaro.
Il volume ci racconta, in estrema sintesi, una storia d’amore. Solo che per un mondo ancora troppo chiuso e bigotto non è facile accettare un amore non convenzionale, che esce dai confini della normalità (per quella che è comunemente considerata tale) e quindi diventa inevitabile caricare di sentimenti di colpa e di vergogna chi prova attrazione per il proprio stesso sesso causando anche a tali persone insicurezze e crisi esistenziali che le portano a mettere in discussione le proprie scelte ed i propri desideri, per quanto tutti assolutamente legittimi.


Conoscendo il percorso di vita dell’autore non è difficile immaginare come i temi trattati siano per lui personalmente ben noti, sperimentati ed impressi quasi a fuoco sulla pelle ad iniziare dal turbamento e dallo stupore per pulsioni differenti da quelle dei coetanei fino alla difficoltà di accettarli e confessarli a sé stessi prima che agli altri; passando dai commenti di disprezzo di tanta gente ottusa ed arrivando al gioco di sguardi che nasce laddove si incontra qualcuno che condivide le stesse scelte. Viene narrata a fondo la crescita di un animo libero e deciso a non rinunciare alla ricerca della propria felicità pur vivendo in un contesto che quotidianamente sembra voler fare di tutto per contrastare chi è omosessuale: evidenti a questo proposito sono gli accenni – brevi ma incredibilmente profondi e dolorosi – al comportamento dei compagni di scuola di Clem e dei suoi genitori o a quello del medico nelle pagine finali del volume.

Due sono le protagoniste del graphic novel: Clémentine – quindicenne che inizia a sviluppare la propria sessualità, scoprendosi attratta dal suo stesso sesso – ed Emma, ragazza più grande che diventa la guida e prima compagna di Clem nel mondo dell’amore. Pur sembrando quasi un romanzo di formazione in cui la guida più esperta porta alla crescita del coprotagonista, in realtà ben presto diventa evidente come i ruoli siano mutevoli e tendano spesso a ribaltarsi; spesso infatti è la figura di Clémentine ad essere quella dominante e forte nel non rinunciare al proprio essere lesbica e più matura nel vivere il suo rapporto d’amore con Emma di fronte a sé stessa – una volta accettata il proprio orientamento – e di fronte al resto del mondo, accettando di esserne spesso esclusa o messa in disparte senza rinunciare tuttavia alle proprie convinzioni. E la figura di Emma, che potrebbe far pensare a quella di una donna forte, capace di guidare la compagna più giovane lungo le difficoltà della vita, si rivela invece essere talvolta quella più fragile e più facile a chinare la testa rinunciando ai propri desideri quando essi si scontrano con la dura realtà della vita, intesa anche solo come quotidianità e non esclusivamente come rifiuto di accettazione da parte della maggioranza bigotta delle persone.


Ne scaturisce una narrazione fluida, anche se a volte erratica, di quella che semplicemente è una storia d’amore tra due persone. Un racconto – a volte sofferto e doloroso, altre meraviglioso ed eccitante – di un sentimento che nasce, cresce, muta tra due soggetti che si arricchiscono a vicenda rendendosi partecipi delle proprie singolarità lungo un cammino banalmente chiamato vita. Il tutto comunque con uno svolgimento che scorre con una naturalezza che personalmente ho trovata meravigliosa e con uno sviluppo in cui chiunque si sia mai innamorato ed abbia avuto la fortuna di vivere fino in fondo la propria storia d’amore non può che trovare gli stessi identici sentimenti e pensieri da lui provati; proprio in questo trovo risieda la qualità migliore dell’opera, in un’universalità che trascende da soggetto ed oggetto del desiderio.

Infine non a caso il volume si apre e si chiude con la parola “amore”: questo sentimento è il modo di definire tutta l’opera, la bussola che guida tutta la lettura, il faro che illumina ogni scena.


Anche graficamente il lavoro di Maroh è davvero intenso ed incantevole. Il tratto sinuoso e rotondeggiante si presta alla perfezione alla descrizione dei personaggi facendone emergere la prorompente fisicità in ogni vignetta e rendendo perfettamente merito ai corpi delle due amanti nelle scene di maggiore intimità, descrivendo ogni aspetto del loro amore senza mai scendere minimamente nel morboso né tantomeno nel volgare, evitando con maestria e capacità artistica di sminuire il messaggio del lavoro scoprendo il fianco ad eventuali, e comunque a mio parere ingiustificate, accuse di oscenità.

Linee curve ma al tempo stesso molto nette rendono bene la profondità dei corpi e soprattutto degli sguardi che nei disegni di Maroh sono davvero espressivi e riescono a trasmettere sensazioni e parole quasi fossero nuvole (intese come balloon) di spiegazione e forse anche questa caratteristica del disegnatore contribuisce a quel senso di “non detto” di cui pare permeata tutta l’opera.
Durante la narrazione si alternano momenti in bianco e nero che rappresentano il passato (i ricordi della giovinezza delle protagoniste) e vignette colorate, quando il racconto riguarda la contemporaneità. In entrambi il colore predominante (ed unico presente quando si tratta di ricordi) è il blu, richiamo al colore dei capelli di Emma all’inizio della storia e, per riflesso, colore caldo come ci dice il titolo del graphic novel, a sottolineare che sono le passioni a dare calore alla vita.

La colorazione delle vignette è fatta con il metodo dell’acquerello, con una delicatezza che tende a sfumare nella nostalgia e nel rimpianto come tutta la vicenda narrata e che benissimo si adatta a dare corpo e profondità ai disegni realizzati che vengono resi anche molto vivi e concreti da un uso dell’ombreggiatura davvero sapiente che conferisce alle figure corpo e volume con pochi tratti di chiaroscuro.


Infine, una piccola “chicca” tra le tante: verso la conclusione del volume c’è una vignetta in cui Clem si chiede cosa mancherebbe a tanta felicità e di seguito si vede Emma giocare con un bambino immaginario (ovviamente colorato in blu)… ecco, credo che pur nella banalità del pensiero – che in realtà tutto è fuorché banale – si nasconda la profondissima normalità di qualsiasi storia d’amore. E questa riflessione non è che una delle ultime che il volume ci spinge, con naturalezza, a fare.

Il film, pur risultando come molte produzioni francesi non propriamente un trionfo di ritmo e leggerezza, è stato a mio parere altrettanto interessante e ricco di spunti di riflessione; per metà del racconto si attiene precisamente alla storia di Maroh, ne ripropone gli aspetti psicologici e quasi ne ricalca l’impostazione visiva, anche nella delicatezza delle scene di intimità. Poi però nella seconda parte stravolge completamente la trama ed in un certo qual modo il senso del fumetto, ribaltando quasi gli equilibri ed i rapporti delle due protagoniste e restituendo allo spettatore una Emma forte e sicura di sé ed una Clémentine/Adele invece molto più debole ed irrisolta. Questo fatto portò Maroh a disconoscere il prodotto cinematografico sostenendo che non rispecchiasse la sua opera ed in effetti non gli si può dare torto. Quello che però a mio parere è estremamente interessante, ed alla fine anche importante, è che anche il messaggio del film è potente ed inclusivo esattamente come quello del fumetto; ritengo che nelle due opere ci si trovi di fronte a modi differenti, ma non antitetici, di vedere e di vivere una storia d’amore (e la sua fine).
Più reale e concreto il film ci offre un punto di vista forse più maschile di tutta la storia laddove invece il fumetto ci regala un’interpretazione sicuramente più romantica e poetica, con i sentimenti a dominare in ogni vignetta, con un modo di affrontare la vita decisamente più femminile. In entrambi i casi però ci troviamo ad avere a che fare con opere che analizzano a fondo sentimenti e passioni di persone normali in cui tutti possono immedesimarsi e rivivere emozioni condivise riuscendo a trasmettere principi universali di tolleranza.
Non è in effetti la prima volta che mi trovo a scrivere di un fumetto che tratta il tema dell’omosessualità: chi ha buona memoria ricorderà che proprio sul sito di IndustrieNerd (per chi avesse voglia di recuperarla) è apparsa la recensione di “Flamer”, graphic novel di Mike Curato del 2020. Inevitabile data la somiglianza dei volumi accennare almeno ad un’analisi che riguardi le due opere.
In entrambi i casi assistiamo alla descrizione della presa di coscienza di una tendenza sessuale differente da quella considerata normale e del difficile e doloroso percorso che i protagonisti devono affrontare per non tradire sé stessi. Quello che differisce è a mio parere proprio il modo in cui questa accettazione di sé avviene, dovuto principalmente al fatto che in un caso il punto di vista è maschile, nell’altro femminile.
Mentre in “Flamer” Aiden è un ragazzino che dimostra tutto il suo entusiasmo e la sua per certi versi ottimistica speranza di essere giustamente accettato per “quello che è” in un modo che mi sembra tipicamente maschile, Clem ed Emma vivono analoghe esperienze con la maggiore maturità che io attribuisco, da sempre ed in ogni aspetto della vita, alle donne.
Se vogliamo, questo è anche evidenziato dall’ uso dei colori nei due fumetti: in “Flamer” l’uso del rosso indica la passione bruciante ed intensa del protagonista laddove invece nell’opera di Maroh a svolgere la stessa funzione è il blu, colore sì caldo ma sicuramente anche riflessivo e rassicurante.
Mi piace concludere queste righe parafrasando l’augurio scritto da Maroh nella postfazione del volume che è quello di poter andar avanti a rappresentare storie come questa, dove l’argomento principale sono i sentimenti e l’anima delle persone… quindi “sediamoci in cerchio e continuiamo a raccontare i nostri amori”.

Recensione de Il candido Umberto
Il blu è un colore caldo Jul Maroh
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