Intervista a Michele Petrucci

Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con l’autore de Il sogno di Vitruvio, Michele Petrucci, il quale ci ha raccontato quale tipo di lavoro è di intenzione si cela dietro un’opera come questa. L’intervista è a cura del candido Umberto.

Candido Umberto: Come è nata la collaborazione tra te, Saldapress ed il Centro Studi Vitruviani?

Michele Petrucci: L’idea del libro nasce dal Centro Studi Vitruviani, che studia e divulga il pensiero di Vitruvio. Ho proposto il progetto a saldaPress perché conosco l’alto livello qualitativo dei loro libri e perché conosco il direttore editoriale Andrea Ciccarelli da quasi 30 anni. Questo progetto ci accomuna perché riguarda la città di Fano da dove veniamo entrambi.

Busto di Marco Vitruvio Pollione

La storia è molto originale e sembra un insieme di storie racchiuse da altre storie; come è nata questa idea di trama?

La sfida era quella di raccontare le idee di un architetto vissuto nel I secolo A.C. alle persone del nostro tempo attraverso una storia di fiction. Usare l’escamotage dei sogni del protagonista mi sembrava il modo migliore perché nella storia il sogno ha una doppia valenza. I sogni e i desideri del giovane Livio si affiancano a quello di Vitruvio, esposto nel suo trattato ovvero essere ricordato per il suo lavoro.

L’immagine del pettirosso ricorre spesso nel volume. Ha un significato particolare?

Il libro si apre con un pettirosso che scappa all’arrivo dell’esercito di Giulio Cesare nei pressi di Fano. All’inizio era solo una bella immagine ma poi ho pensato che fosse interessante usarlo come filo conduttore della parte onirica visto che gli antichi usavano le viscere degli uccelli e ne osservavano il volo per fare le loro divinazioni. A un certo punto Livio incontra uno storno e non capiamo bene se si tratti di un sogno, di un’allucinazione o di una cosa reale.

C’è un aspetto autobiografico nella trama della storia?

Penso che in tutte le storie ci sia una parte dell’autore che le scrive e anche in questo caso mi sono rivisto in Livio e la sua ricerca. Del resto è quella che ho dovuto fare anche io, guidato dal Centro Studi.

Si notano dei colori più caldi nelle immagini legati alle tue Marche in contrapposizione a quelli più freddi delle vignette dedicate agli altri ambienti; è stata una scelta voluta oppure naturale?

Presto sempre attenzione all’uso del colore perché aiuta a comprendere anche a livello inconscio alcune parti del racconto. I sogni hanno colori più cupi perché non rispondono alle leggi della luce. Sono sempre da decifrare. I flashback di Livio hanno colori attenuati, come un ricordo nella memoria di una persona. Infine ho usato il bianco e nero quando Livio perde il contatto con la realtà attorno a lui e il contesto perde definizione.

La storia ha un sottofondo nostalgico ma al tempo stesso si respira uno spirito di rivincita e di soddisfazione. Come sei riuscito a rendere così bene questi due sentimenti?

Non saprei. Mi piace immedesimarmi con personaggi che sono alla ricerca di qualcosa. Spesso sono degli sconfitti che cercano di imparare a cavarsela. Livio è arrivato a Fano per studiare Vitruvio e per cercare la sua famosa basilica. Ma nel suo passato c’è un’ombra, ha subito un’ingiustizia che lo fa stare male. Farà un percorso, grazie anche al pensiero di Vitruvio, che lo porterà a cercare un chiarimento, qualcosa che gli dia pace.

Nelle tavole rappresentanti le architetture più moderne della città di Fano ho visto quasi un’influenza di De Chirico; è solo una mia impressione?

Mi piace De Chirico ma non è mai stato un mio punto di riferimento. Forse la tua sensazione deriva dalla luce della mia città. Spesso ho fatto disegni e scattato foto all’alba e quel taglio di luce ricorda la pittura metafisica.

Alba in quel di Fano

Per Vitruvio e Leonardo “l’uomo è misura di tutte le cose”; anche per te l’uomo è il centro del mondo?

La visione di Vitruvio è antica e ripresa durante l’Umanesimo da grandi artisti e intellettuali. Condivido con loro il proposito di una necessaria indagine della natura umana.

In ambito architettonico ed in quello più inerente al tuo lavoro – ossia quello fumettistico – quali sono i tuoi riferimenti ed i tuoi professionisti preferiti?

Non ho una formazione da architetto ma come fumettista mi piace appropriarmi degli stili che servono per la storia che sto realizzando. Ho una certa fascinazione per le invenzioni futuriste e futuristiche di Sant’Elia. Nel mondo del fumetto sono tanti gli stimoli e a ogni nuovo fumetto provo a modificare il mio modo di raccontare per avvicinarmi al tono del racconto. Per Il sogno di Vitruvio sono tornato a guardare i pennelli e i neri dell’argentino Munoz con l’aggiunta di quello che ho imparato negli ultimi anni sul colore.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

In questo momento mi sono preso un periodo di pura sperimentazione lavorando su formati molto grandi con strumenti nuovi come gli acrilici e gli smalti.

Ringraziamo Michele per il tempo che ci ha concesso e ci diamo appuntamento alla prossima chiacchierata.

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